10 gennaio 2019
Propositi antistress per l’anno appena iniziato
La tecnologia ci rende stupidi! Sono sempre più convinta che sia così!
La tecnologia ci allontana dalla profondità di pensiero che è la caratteristica principale del cervello umano e da ciò che in modo sostanziale differenzia l’uomo dalla macchina (v. M. Spitzer, Demenza digitale, Milano 2013).
La tecnologia subìta e non disciplinata allontana l’uomo dalla sua sfera emozionale e fisica. Lo rende incapace di ascoltare il proprio corpo (ho fame, ho sonno, sono stanco…) e la propria mente (sono arrabbiato, sono confuso, sono riflessivo, sono calmo, sono frustrato…) ed è anche dannosa per il cervello, ossia per il sapere dell’uomo, per la memoria a lungo termine che è il bagaglio della conoscenza umana.
Se vogliamo governare i nuovi processi organizzativi e le sfide del lavoro del futuro – fatte di conoscenza e specializzazione – diventerà essenziale adottare alcuni fondamentali correttivi ai nostri comportamenti al lavoro. Dalla gestione delle priorità e delle scadenze alle relazioni con i colleghi e i superiori, fino alla riconquista di quegli spazi fondamentali di quiete che sono la chiave di volta per l’accrescimento delle qualità essenziali dell’uomo: innovazione, creatività, vivacità, precisione, resilienza e forza necessari per governare i cambiamenti in atto.
Durante le vacanze natalizie quest’anno mi sono applicata in prima persona in questo compito, aiutata da due letture che stanno svolgendo un ruolo fondamentale nell’avvio di un nuovo passaggio della mia crescita personale e professionale. Percorso iniziato più di dieci anni fa quando, aiutata da alcune fondamentali letture di psicologia e di organizzazione del lavoro, ho iniziato ad abbracciare in modo più consistente – ossia non limitato alla sola sfera giuridica – i temi della conciliazione vita-lavoro. Percorso che mi vede oggi impegnata dal punto di vista giuridico ma anche organizzativo nei progetti di smart working i quali non sono altro che la chiave di lettura di un nuovo modo di lavorare in cui ciascuno deve imparare a trasformarsi nell’imprenditore di se stesso rendendosi più efficace e produttivo, indipendentemente dal fatto che sia un lavoratore autonomo oppure un lavoratore subordinato.
Ma come è possibile trasformare in comportamenti pratici questo principio?
Torniamo proprio alla tecnologia, alle vacanze di Natale appena trascorse e ad alcuni illuminati punti di vista delle letture che mi hanno accompagnato.
Innanzitutto un piccolo libro di un autore giapponese Ken Mogi, dal titolo Il piccolo libro dell’ikigai, Torino 2018. Di cosa si tratta? Cosa è l’ikigai? E’ in parole molto semplici – ma anche assai riduttive – la via giapponese verso la felicità, ossia il giusto rapporto tra cinque pilastri fondamentali dell’esistenza che sono dall’autore così riassunti:
- Cominciare in piccolo;
- Dimenticarsi di sé;
- Armonia e sostenibilità;
- La gioia per le piccole cose;
- Lo stare nel qui e ora.
Ognuno di noi può trovare il proprio ikigai in quello che fa ogni giorno e, sempre come dice l’autore, “perché il nostro ikigai possa dirsi solido, bisogna salvaguardare l’equilibrio fra il lavoro e la vita personale”.
Ed ecco che arriviamo alla seconda lettura, Tony Schwartz, Non si può lavorare così, Milano 2011, un piccolo libro di qualche anno fa che si propone l’obiettivo di richiamare l’attenzione del lettore su alcuni fattori fondamentali del nostro modo di lavorare che ci stanno allontanando dall’obiettivo principale, ossia centrarci sulle nostre capacità individuali, quelle che ci rendono efficaci e distintivi in ciò che facciamo e, in ultima analisi, produttivi. Cita l’autore: “poiché coltiviamo esistenze dedite alla distrazione, stiamo perdendo la capacità di creare e preservare saggezza […] scivolando verso un’ignoranza che nasce paradossalmente dall’abbondanza di informazioni e potenziali connessioni”.
Imparare a controllare il proprio livello di attenzione, restare concentrati su un compito, la centratura nelle relazioni con gli altri senza distrazioni, la capacità di dire di no oppure la capacità di ricavarsi degli spazi di quiete, di riposo, di sport e di “disconnessione” sono i fattori fondamentali per iniziare un percorso di cambiamento che potrà aiutarci a governare la tecnologia invece di essere governati da essa.
Questo è il mio augurio per l’anno appena iniziato.
Scritto il 21-2-2019 alle ore 01:27
brocchi.valeria@gmail.com