21 giugno 2017
Il lavoro agile è legge
Il legislatore detta le regole che si inseriranno nei più ampi piani di smart working.
Approvato definitivamente e divenuto L. n. 81/2017, il Disegno di Legge sul lavoro autonomo non imprenditoriale, meglio conosciuto come il Jobs Act del lavoro autonomo. Nel provvedimento, che ha visto la luce dopo un lungo iter parlamentare, ha trovato collocazione anche la nuova disciplina in materia di “lavoro agile” contenuta negli artt. 18-23 della nuova legge. Disciplina voluta fortemente in questi anni – già a partire dal primo DDL in materia di smart working – ma resa oggi concreta dalla legge appena approvata, anche grazie alla visibilità e all’eco generati dal progetto avviato dal Comune di Milano già nel 2014 denominato, appunto, “Giornata del lavoro agile”.
Ma cosa è allora oggi il lavoro agile per il legislatore?
La legge introduce una definizione di lavoro agile quale strumento – negoziale – atto ad incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”. Il mezzo per attuare questo obiettivo è uno strumento – negoziale appunto – caratterizzato da un accordo tra le parti (datore di lavoro e lavoratore) mediante il quale si definiscono le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.
Modalità del tutto nuove che presuppongono la condivisione – e relativa accettazione tra le parti – di una rilevante flessibilità organizzativa riguardante sia l’oggetto della prestazione – che dovrà essere definito per “fasi”, “cicli” e “obiettivi”, sia i tempi e il luogo della prestazione – perché essa potrà essere resa “senza precisi vincoli di orario e di luogo”.
Anzi, su un piano molto più ampio e generale la legge fa proprio un concetto di “lavoro agile” che è anche il frutto della necessaria evoluzione – proprio in chiave organizzativa – del concetto di “telelavoro mobile”. Fattispecie che in questi anni ha accompagnato – culturalmente, socialmente e, quindi organizzativamente – tutte quelle forme di riprogettazione degli uffici e degli spazi di lavoro che compongono oggi la più ampia e generale filosofia manageriale dello “smart working”.
La legge ci dice così che “la prestazione lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale”. E nel fare questo attribuisce alle parti del rapporto di lavoro la possibilità di negoziare e regolare tutti i diversi aspetti di gestione sia della prestazione lavorativa, sia dello stesso rapporto di lavoro, delineando la cornice giuridica di questo accordo. Accordo che resta volontario e reversibile da parte del lavoratore (così come avviene anche in materia di telelavoro).
Ma si va anche oltre la disciplina del telelavoro, nella consapevolezza che sta mutando da tempo l’organizzazione del lavoro ma anche il fondamentale rapporto di scambio alla base del rapporto di lavoro. Segno evidente di questa evoluzione è proprio la scelta di inserire una disciplina quale quella del lavoro agile nell’ambito di un disegno di legge destinato ad introdurre alcune tutele più specifiche in materia di lavoro autonomo. Quasi a voler sottolineare che – ragionando per obiettivi – non esisterebbe nemmeno più una netta contrapposizione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato.
Una vera rivoluzione sul piano dell’organizzazione del lavoro.
In questo contesto, se da un lato il legislatore adotta alcuni criteri guida mutuati dalla stessa disciplina del telelavoro (quali il diritto all’apprendimento permanente, le garanzie sull’uso degli strumenti di lavoro e il diritto alla riservatezza) dall’altro introduce elementi nuovi diretti a garantire che in questo nuovo regime di “flessibilità spinta” la prestazione lavorativa venga comunque resa in “sicurezza” prevedendo:
- il rispetto dei limiti di durata massima dell’orario (giornaliero e settimanale);
- l’estensione esplicita delle tutele in materia di infortuni sul lavoro, con modalità che richiamano la tutela dell’infortunio in itinere;
- la responsabilizzazione del prestatore di lavoro, attraverso una corretta formazione e informazione e il richiamo – implicito ed esplicito – ai principi di cui all’art. 20 del TU in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Scritto il 12-7-2017 alle ore 10:30
Speriamo possa essere una via possibile per quanti vorrebbero darsi da fare, professionalmente, rendendo l’abitazione un posto di lavoro.
Poter svolgere “commissioni” senza pretendere lavoro a tempo indeterminato, riuscire a stabilire un contatto col mondo del lavoro senza creare incomodo a nessuno. Penso sia l’ideale per avere una società “più snella”, una società che utilizza tecnologia e dispositivi per tagliare tempi e attese inutili, anziché aggravarli.